Indecenza incendiaria

Lucio Battisti foto IPA

Premessa: non ho visto le puntate precedenti dedicate a De André e Dalla, perché tengo alla mia incolumità mentale. Ma è chiaro che la puntata di ieri sera, dedicata a Lucio Battisti, non poteva essere da me evitata. Alcune considerazioni.
L’omaggio (o oltraggio secondo quasi tutti, quorum ego) è evidente, quindi non mi dilungherò sul fatto che la trasmissione abbia fatto più pena che schifo. Molta approssimazione, testi confusi, qualcuno ha sbagliato pure il titolo della canzone che doveva cantare (Bennato: Dolce di sera al posto di Dolce di giorno) eccetera. Uno scempio. Ma si sapeva già prima lo sarebbe stato.

Piuttosto:

1) siamo su Raiuno, sabato sera, prima serata (in realtà si comincia alle 21.30), quindi il massimo del nazionalpopolare. Non sono così sciocco da aspettarmi una versione di “Però il rinoceronte”, per dire, ma nemmeno l’ennesima, limitata carrellata dei primissimi successi, come se Battisti da metà degli anni ’70 non avesse più scritto nulla. Non solo: dalla magnifica e irripetibile collaborazione con Mogol (sul quale tornerò), si è estratto soltanto la parte iniziale, certo la più nota, dimenticando molto altro (e che altro…): pertanto nessun accenno ad album come “Il nostro caro angelo” e soprattutto “Anima latina” (e quando mai?, troppo azzardato figuriamoci, però dai almeno “Due mondi” si sarebbe potuta fare…) o anche “Amore e non amore”, e giusto giusto nel medley finale qualche accenno a “Una donna per amico” e a “Una giornata uggiosa”. Per il resto arrivati a “Sì, viaggiare” è finito tutto. Per carità: tutte canzoni meravigliose, con l’inevitabile finale corale di tutto l’auditorium per “La canzone del sole” (poteva essere altrimenti?), ma questa banalizzazione del Battiti più cantato fa davvero misera mostra.

2) Enrico Ruggeri, padrone di casa piuttosto inadeguato, ha chiuso la trasmissione dicendo velocemente che giunto alla fine degli anni ’70, Battisti si è chiuso nel silenzio (va beh…), senza accennare ovviamente, che in questo silenzio, l’artista ha continuato a produrre, portando la canzone italiana a un livello di assoluto prestigio e irripetibile coniugazione tra testo e musica, con Pasquale Panella: va bene non far cantare a qualcuno “A portata di mano”, però almeno dire che è esistito anche questo Battisti, sarebbe stato il minimo di una corretta informazione e di un appropriato omaggio. Invece nulla: mai esistito. Da sempre si tende a dimenticare questo folgorante periodo di fine carriera (ahimè per i motivi che sappiamo), e avanti per sempre con le calzette rosse e i campi di grano (tra l’altro di “Pensieri e parole”, sublime sintesi del doppio battistiano, manco una nota…).

3) Omaggiare Battisti è diventato omaggiare Mogol, autore insostituibile nella (diciamo prima) produzione battistiana, ma certamente non l’unico. L’ingombrante Mogol ha dominato la serata, i testi al solito hanno preso il sopravvento sulla musica, tutto è stato ricondotto (attraverso un percorso di una banalità sconcertante, ok siamo su Raiuno, sabato sera eccetera…) a un carosello di pezzi stranoti e diciamo “facili” per l’ascolto.

4) Ecco, siccome Battisti, come ha detto Ruggeri (va beh), si è chiuso a un certo punto nel suo silenzio (Ah! come sono vivace, come uno che tace…), se questo è lo spettacolo (spesso improvvisato, raffazzonato, inadeguato… a parte l’orchestra), meglio che anche la Rai faccia su Battisti (per sempre) silenzio, piuttosto che scaricare sullo schermo “un gran volume di indecenza incendiaria” (citando – nell’originale “indolenza incendiaria” – “L’apparenza”, Battisti-Panella, 1988: ma questo non ditelo alla Rai, non lo sa e non conosce).