Dorando Pietri, Achille, la tartaruga e il vaccino “irraggiungibile”: nel Paese dei Farlocchi vince sempre l’illusione

Molti ricorderanno il leggendario dramma sportivo capitato a Dorando Pietri, che a dispetto del proprio gerundio (e quindi di un trionfo olimpico d’oro) finì per crollare, ai Giochi di Londra nel 1908, a pochi metri dal traguardo della sua maratona: stremato dalla fatica, fu aiutato a concluderla, incorrendo così nella squalifica probabilmente più crudele della storia dello sport iridato. Ecco in questi giorni l’angoscia maggiore, che prende pensando a questa tragedia universale che è il Covid-19, è che a noi tra i 60 e i 70 anni, fortunatamente ancora illesi, possa capitare una conclusione del genere: cadere nelle spire del virus a pochi centimetri dal vaccino. Tale sensazione, dapprima appena sfumata e ora direi ansiosamente ingombrante, nasce dal fatto che i vaccini fanno ormai parte di quella illusione costante di un’attesa continuamente procrastinata. Avete presente il paradosso di Achille e la tartaruga, quello in cui il pur veloce Achille non riesce mai a raggiungere il lentissimo animale, perché a ogni suo grande passo l’animale compie comunque un piccolo movimento in avanti? Ecco noi siamo Achille e il vaccino è la tartaruga. Ogni giorno le notizie viaggiano tra la speranza (debole) e lo sconforto (massimo). La comunicazione disastrosa e la distribuzione, perfino peggio, sembrano lusingarci: a Natale sembrava che a marzo la mia categoria d’età fosse già messa al sicuro, poi si è arrivati a fine aprile, adesso si viaggia sul far dell’estate, il timore è che si tocchi l’autunno. E parliamo solo dei sessantenni. Per quelli più giovani non si sa.

Al di là di tutte le considerazioni fatte sui vaccini e sul comportamento autolesionista dell’Europa (va da sé, non solo sulla faccenda dei vaccini), che verrebbe tragicamente voglia di dar ragione per un secondo a Salvini, salvo poi prenderci a schiaffi per la stupidaggine imperdonabile; al di là della confusione quasi orgogliosamente esibita su date, pericolosità, tipologia (Astra o non Astra?, e a chi Astra se ogni giorno cambia la fascia d’età di consiglio?), perfino furberie di soffiare il posto ad altri (a proposito: che fine ha fatto Andrea Scanzi?); al di là di sensazioni destabilizzanti su cosa effettivamente sia meglio fare (aprire?, chiudere?, con Giano-Salvini che sta al Governo ma parla come fosse all’opposizione, va beh non che sorprenda); al di là della tenuta economica e psicologica ormai ridotta a brandelli (certo in altre ben più solide Nazioni possono permettersi di sostenere chi non lavora in modo più sostanzioso, ma altri sono il Paese dei Balocchi, noi siamo quello dei Farlocchi); al di là di tutte queste (e altre mille) cose, il dispetto peggiore che ci si possa ancora fare è quello di creare attese e illusioni. E allora via con i giochi di prestigio: sarà un’estate normale, presto raggiungeremo l’immunità di gregge, a giugno sarà vaccinata quasi la totalità dell’Italia, il virus sta ritirandosi eccetera, tutti traguardi impossibili, ma posti come tante Fate morgane nel deserto dalla politica (meno dalla scienza), il cui mestiere principale è quello di creare aspettative e spesso fregarsene. D’altronde quali sicurezze abbiamo? La Sardegna che si fregiava di essere l’unica regione bianca fino a poche settimane fa, ora è piombata in profondo rosso: altro che siamo vicini alla fine del tunnel, stiamo andando verso la luce. Qui non si tratta di essere più pessimisti di Cassandra: da oltre un anno viviamo una situazione insostenibile, tra paura e morte, cercando un ricordo di normalità che continua a sfuggirci. Se il vaccino è l’unica arma per uscirne (e lo è, anche nelle sue intrinseche controindicazioni, numeri comunque del tutto irrilevanti), per ora sembra spesso caricata a salve, per colpe diverse e ben distribuite. E la metafora del maratoneta sfinito davanti al traguardo è lì a ricordarci come il tempo sia uno strumento micidiale, perché noi possiamo fare il massimo per non farci infettare, ma altri si devono sbrigare, senza logiche di mercato e tragici ribaltamenti di colpe.