Eravamo quattro amici al bar: ah no, molti di più. Ma andare al cinema è pericoloso

Ormai è abbastanza evidente che la diffusione del virus si crea attraverso alcune situazioni che non vogliamo proprio capire. La foto qui pubblicata è stata scattata ieri sulle 17 in una delle zone veneziane affollate di baretti: vi si vedono tavolini invasi da giovani (spesso in numero superiore al permesso), quasi tutti senza mascherina, che chiacchierano a voce alta e che quando si incontrano si baciano e abbracciano. I giovani, salvo rari casi, passano l’eventuale malattia in modo asintomatico e quindi reputano il rischio vantaggioso: hanno bisogno, vista l’età, di “vivere”, come se le persone mature o anziane, non lo avessero. Poi molti di questi vivono ancora con genitori, vanno a trovare i nonni, e il virus ringrazia. La questione dei bar, ristoranti, piste da sci e quant’altro è legata soprattutto a questo: la scena veneziana di ieri va moltiplicata per tutte le città d’Italia. Non c’è negazionismo, almeno nella stragrande maggioranza, che porta a tali comportamenti. Più verosimilmente menefreghismo: io non mi ammalo al 95%, quindi abbasso o elimino ogni precauzione. “Vivere” è ovviamente necessario e dopo un anno siamo tutti allo stremo. Ma così facendo non ne usciremo probabilmente presto. Senza contare i più sfortunati, che continuano a soccombere e morire. Basterebbe un po’ di cautela, non altro. Queste scene alimentano inoltre la rabbia di alcune categorie, come i lavoratori (ma anche spettatori) di cinema e teatri, che invece restano blindati e nudi. Volete mettere il pericolo di guardare in silenzio e distanziati un film al cinema con la baldoria che si vede qui (vigili comunque ovunque, che controllano impassibilmente, e d’altronde che potrebbero francamente fare)? Chiaro che il cinema è assai più pericoloso.

p.s. essendo l’angolo dell’inquadratura laterale, la storia (vera) che lo zoom avvicina vistosamente le persone qui non è sostenibile.