Sante Messe, spritz, l’arroganza di Frémaux e una Mostra che non deve servire a mettersi in mostra

Siamo sempre un bel popolo. Votato a dare solitamente la colpa agli altri. Lo so: l’ho già detto altre volte, ma ricordarlo non fa mai male; e d’altronde i fatti lo spiegano inequivocabilmente: chi non va in chiesa ritiene, anche sull’onda degli oltre 100 infettati in Germania, che la colpa di un (eventuale) rafforzamento delle infezioni, sia delle messe; chi non si destreggia tra spritz e movida (e ha un’età almeno discretamente avanzata) vota i giovani come massimi colpevoli della ripartenza della pandemia. Questo solo per restare alle accuse più gettonate dell’ultimo weekend. Insomma: dopo due mesi e rotti di clausura era anche abbastanza impensabile che la marea di giovani, che si sentono, per ragioni di età, sicuramente più sacrificati degli anziani, non si riversasse, anche scompostamente, nelle piazze e nei bar fino a notte fonda: certo a volte basterebbe un minimo di attenzione, una dimostrazione di assecondare le regole imposte, senza privarsi di un rinato piacere, e nessuno avrebbe di che ridire; ma invece, nelle interviste ai giovani dagli aperitivi a nastro, affiorano talvolta menefreghismo e arroganza, come se i guai dovessero capitare solo ai vecchi, che già di per sé è un errore presuntuoso (ma anche qui: ai vecchi, diciamo la verità, non è quasi mai importato a nessuno, volete che succeda proprio adesso?); e poi perché non si capisce che così si alimenta la diffusione del virus e quindi il pericolo per tutti. Non è facile da far capire (e accettare): d’altronde se un simpatico assessore lombardo, festosamente acclamato dai suoi elettori, dispensa stupidaggini senza pentirsene (perché evidentemente non capisce nemmeno la stupidaggine che ha detto), contestando chi lo ha prontamente preso in giro, vuol dire che la situazione è grave perché siamo in mano a personaggi pericolosi. Si dirà: questo lo sapevamo già. Oltre all’ignoranza poi c’è anche la malafede, ma a parlare male, che so, della sanità lombarda finisce alla gogna chi ne parla male e non chi la gestisce male. Siamo straordinari. Non si contesta chi compie un misfatto, ma chi lo denuncia. Ricorda il modo di confrontarci con la mafia. E d’altronde nel Paese dell’evasione fiscale, la colpa è di chi paga o è costretto a pagare le tasse.

Ma sono giorni difficili e bisogna capire. La voglia di normalità, che a volte eccede con esuberanza la soglia del pericolo, è tanta. In questi ultimi giorni si è tornato a parlare della Mostra del Cinema, dopo che i festival di tutto il mondo per il momento sono stati cancellati o dirottati, là dove possibile, sul web. Compreso anche quello di Cannes, nonostante il suo direttore Thierry Frémaux, che come spesso capita ai francesi è convinto che il mondo ruoti attorno a lui, continui come un bambino viziato a non mollare l’osso o quantomeno, dovendolo mollare, autoproclamare un festival fantasma, con tanto di lista dei film, volendo imporre a chi eventualmente li presenterà da qui in poi una specie di etichettatura, un’appartenenza e provenienza come “film scelto da Cannes”, perché l’altezzosità dei francesi è imbattibile. Come quando da bambini si litigava sulla proprietà dei giocattoli o come in quella famosa pubblicità, dove tutti gridavano: è mio, è mio.

Dunque la Mostra del Cinema si farà, così almeno ha proclamato il governatore del veneto Luca Zaia, che probabilmente si sta esaltando nel ruolo dell’unico governatore leghista intelligente e non vuole proprio adesso perdere questa inattesa fama, seducendo cinefili e commercianti, albergatori e ristoratori e tutte le categorie coinvolte. Perché chi non vorrebbe che la Mostra si facesse, pur in forma ridotta, anche come significato simbolico di rinascita, di una città, di un Paese, di un intero settore finora piuttosto dimenticato? Nessuno, ovvio. E d’altronde ognuno ha un motivo per apparire bello alla folla: lo ha il ministro Dario Franceschini, che ha bisogno di rilanciare la propria immagine in un settore-cinema che non lo ama troppo;  lo ha il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, che sente odore di prossima rielezione (c’è in giro un avversario capace di contrastarlo, nonostante moltissimi, anche quelli che lo votarono, non smaniano per averlo ancora come numero 1 della città?); lo ha il neo presidente della Biennale, Roberto Cicutto, che il cinema lo ama per davvero e che vede, finora, il suo primo anno a Venezia come un resoconto di rinunce, cancellazioni, posticipazioni e il salto del festival sarebbe la più grande seccatura; lo ha, in fin dei conti, anche il direttore della Mostra, Alberto Barbera, che rischierebbe di veder cancellato di nuovo un suo ipotetico ultimo anno (ma quella volta fu la politica a determinarlo), anche se è probabilissimo che resti (diciamo anche fortunatamente, visti i chiacchierati sostituti) per un altro mandato di 4 anni; va detto che Barbera si è dimostrato finora il più equilibrato tra voglia di Mostra e problematiche nel farla, nonostante il suo compito sia, com’è noto, quello di riempire il contenitore, non di decidere se ci sarà un contenitore o meno.

C’è un ma, che forse si sta sottovalutando. In questi slanci di ottimismo, in questa febbre da ripartenza, per dimostrarsi i più bravi al mondo anche in questo settore, oltre a timide ipotesi e a parlare di Mostra più snella, tutte le problematiche, pratiche e logistiche, e non sono poche, in una zona peraltro “confinata” come il Lido, sembrano venire al momento forse non tenute in giusta considerazione: vanno dalle code alla ristorazione, dagli spostamenti agli alloggi, senza dimenticare le mascherine da portare per giorni interi, in un panorama codificato da anni, che verrebbe stravolto; e poi chi arriverebbe a Venezia serenamente, pensando a tutto quello che potrebbe accadere, compresa l’improvvisazione apparizione di contagiati, che chiuderebbe tutti in una quarantena in loco? Non è niente facile: sforzarsi per fare la Mostra (poi tutto dipenderà dal virus e dalla sua circolazione) è doveroso, ma il “come” è tutt’altro che agevole (almeno con i dati odierni) e i proclami non servono. Ostentare sicurezze ora può essere imperdonabile. Quindi meglio sarebbe essere cauti, anche se la voglia di mettersi in mostra è sempre dietro l’angolo.