Salvini, Sarri e il boomerang dell’arroganza

In poche ore due casi di arroganza e supponenza si sono trasformati in un boomerang fatale, con due sconfitte cocenti.

La più importante in Emilia-Romagna, dove chi, come Salvini, pensava di stravincere ha perso in maniera netta (-8%), diventando immediatamente un agnellino (le prime dichiarazioni di buon senso stridono quasi burlescamente), facendo passare con una quasi vittoria la poderosa spallata ricevuta anziché data, dimenticando azioni (dal citofono in giù) e proclami (dallo stravinceremo in giù) e parlando di una partita finalmente aperta in quella regione, cosa che l’8% in meno non autorizza affatto. Esagerando nei metodi, pensando che la protervia del comandante attecchisca sempre e comunque, ecco dunque una bella lezione. E uno scampato pericolo.

Non meno fallace il tentativo di Sarri con la sua Juve, che ha pagato forse anche il fatto di tornare a Napoli, salutato da un festoso coro di disapprovazione, volendo dimostrare di essere comunque e nettamente il più forte. L’idea di schierare il tridente si è dimostrata un’altra volta improvvida, forse dettata anche dal Napoli che proveniva da 4 sconfitte consecutive in casa; lo aveva fatto anche contro la Lazio ed è curioso come un allenatore così scrupoloso (con tanto di appunti durante la gara) schieri la sua formazione più aggressiva ma anche più vulnerabile con le squadre più sbagliate (prima del Napoli, la Lazio, puntualmente l’altra sconfitta juventina in campionato): non mi sembra un problema da poco.

Resta il fatto che il processo sarriano alla Juve va sorprendentemente a intermittenza, con prestazioni che riportano brutalmente a zero la fase di apprendimento e di applicazione, come la partita di ieri sera, forse la peggiore di tutta la stagione, con una squadra senza anima e cuore. E a questo punto della stagione è una condizione tutt’altro che trascurabile.