Chiudere i cinema è facile, la cultura paga sempre dazio. Ma è chiaro che senza autocontrollo non si esce da questa situazione

Chiudere i cinema (e i teatri) è facile, ma soprattutto inutile. Al cinema, specialmente dopo il lockdown pesante, non ci va quasi nessuno: è evidente non si tratti di un luogo imputato  per la diffusione del contagio, anche perché si sta distanziati, in silenzio e seduti. Insomma chiudere i luoghi già così scarsamente affollati e dar loro una mazzata probabilmente irrecuperabile, sembra perfino una cattiveria gratuita. Chiudere i cinema è facile: interessa a una fetta della popolazione limitata, nessuno scenderebbe in piazza contro questo provvedimento; ma appartiene comunque a un settore lavorativo certo non trascurabile; e d’altronde la disaffezione, diventata ben presto, disprezzo per la cultura, compresi quegli svaghi che fanno comunque pensare (il cinema è anche intrattenimento), ha origine lontane, è nata e cresciuta con l’avvento dell’idea berlusconiana e dell’edonismo sfrenato a metà degli anni ’80 e da lì, grazie anche alla massiccia diffusione della televisioni private, a cui anche quella pubblica ha finito per assoggettarsi, il percorso è stato un precipitare continuo; i social hanno dato il colpo di grazia. Così oggi la cultura (diciamo il sapere, la conoscenza, lo studio in generale) è rinnegata, non interessa a nessuno, dà spesso fastidio: direi che sorprendersi ora dell’accanimento contro la cultura è a suo modo sorprendente.

Sul resto c’è la solita schiera di contraddizioni (il ristorante normalmente aperto solo di sera, di fatto è chiuso del tutto, a parte il festivo), palestre e piscine forse possono essere monitorate senza bisogno di essere chiuse, scuola e trasporti restano nodi complicati da affrontare, dove ogni scelta in qualche modo risulterebbe (in parte) sbagliata. E la preoccupazione economica va di nuovo surrogata con interventi decisi a favore di chi resta in stand-by lavorativo, con aiuti significativi, cassa integrazione e blocco dei licenziamenti. Trovare i soldi non sarà facile, ma a rinunciare a priori a trovarli sarebbe meglio ripensarci: siamo un Paese con le pezze al culo, con molte colpe singole e collettive, e non possiamo avventurarci come Francia, Germania e nemmeno Spagna, come sappiamo. Ma dobbiamo uscirne possibilmente in modo accettabile, possibilmente con il minor numero di morti e di poveri, se non poverissimi.

Resta un punto nodale: se non si fa autocontrollo, cioè se la gente non resta disciplinata, tutto questo è abbastanza inutile. Per dire se non si può più stare in più di 4 persona insieme al ristorante (erano 6 fino a ieri mattina), non è che si fa l’asporto e ci si ritrova in 10, 20, 30 a casa. Vero che gli italiani si sono comportati mediamente meglio di altri popoli, però questi divieti non possono essere allentati singolarmente. Lo dobbiamo capire. Segna irrimediabilmente il nostro futuro.