Buon viaggio, Gianni: non dimenticherò mai quella tappa al Tour del France

gianni mura morto

Ho sentito Gianni Mura una decina di giorni fa: lo avevo trovato ancora in ospedale, dove era ricoverato da qualche tempo, per avvisarlo che la nostra chiacchierata di un paio di settimane prima era uscita su “Film tv”, in uno speciale sul calcio legato anche all’uscita del film “Ultras” (poi saltata per la chiusura dei cinema). Mi disse che stava discretamente bene ma che non lo mandavano a casa, perché con il Covid-19 in giro, specie nella sua zona milanese, era meglio tenerlo riparato e sotto controllo, ammesso che oggi gli ospedali siano i luoghi più sicuri per non venire contaminati; in realtà si penserebbe esattamente il contrario.

Probabilmente sono stato l’ultima persona con il quale il grandissimo giornalista italiano (non solo sportivo) ha avuto un colloquio professionale, oltre che amicale.  Oggi la notizia della sua scomparsa mi addolora enormemente, ma in qualche modo questo legame speciale mi regala un ricordo ancora più affettuoso. A lui devo molto, non solo il fatto di essermi stato maestro continuo, dal quale ho imparato moltissimo, se non tutto, da una scrittura possibilmente spigliata a un’ironia credo spesso pungente. A lui devo anche una reciproca stima quasi affezionata, che nei suoi riguardi era perfino ovvia, ma nei miei molto meno e forse non del tutto meritata, quando sempre davanti al viavai di piatti e soprattutto bottiglie, perché poi si finiva sempre per andare a mangiare qualcosa in qualche luogo d’Italia o del mondo dove ci si incrociava purtroppo saltuariamente, ci si lanciava in discussioni animate su sport, musica, enogastronomia e tanto altro ancora (più raramente cinema), dove lui ovviamente primeggiava sempre, fino ai suoi amati giochi di memoria, spesso a tema canzonettistico, dove puntualmente perdevo (e con me anche tutti gli altri eventuali concorrenti…), nonostante una buona resistenza, finché il locale non chiudeva e spesso anche oltre, fino all’ora del lupo.

Sono stato sempre un suo lettore affezionato, anche quando non ci si conosceva, dalle interviste ai racconti del mondo dello sport e della cucina, fino ai suoi celeberrimi 7 giorni di cattivi pensieri. All’inizio mi metteva un certo timore, perché con gli “idoli” succede anche più spesso. Senza dubbio la sua disponibilità mi ha aiutato a superarlo. Quel poco tempo speso insieme è stato sempre per me fonte di arricchimento, tra la piacevolezza di condividere quei momenti e la mia preoccupazione di non dire troppe cazzate in sua presenza. Ho ricordi bellissimi, che in questo momento così triste si rincorrono. Soprattutto conserverò, con orgoglio, il suo affetto, come quando, anni fa, su Repubblica in uno dei suoi quotidiani, formidabili racconti di una tappa del Tour, scrisse: sono qui sulle strade di Francia e mentre andiamo ascoltiamo in auto tanta bella musica, da Edith Piaf a Adriano De Grandis, il collega del Gazzettino che ha appena inciso un disco. Scrisse proprio così, con un tenero personale parallelo, che lo avrà fatto sicuramente sorridere nel suo spropositato azzardo, che mi commosse allora come oggi.

Ora il suo addio è arrivato così all’improvviso, in questo momento di grande apprensione collettiva. Ed è un dispiacere forte. Buon viaggio Gianni. Avrei voluto ancora giocare ai titoli di canzoni. Prima o poi magari sarei riuscito a vincere almeno una volta. Probabilmente no.